Il Muro

Il Muro

Il Muro era altissimo. Non ero in grado di dargli una misura precisa. Forse tre, forse addirittura cinque metri. E poi telecamere, sensori, piccoli radar. Insomma, tutto quell’armamentario proprio di chi ha un’ossessione per la sicurezza e al tempo stesso ha la tecnologia che gli permette di fare quasi qualsiasi cosa.

Guidando lungo il Muro si percepisce la protervia. Noi di qua, voi di là. Non ci deve essere contaminazione.

Mi trovavo in auto con un amico e collega. Stavo costeggiando il Muro proveniente da Ramallah (in Cisgiordania) per andare verso Gerusalemme, proprio per svolgere l’inchiesta alla base di questo libro. Due giornalisti italiani a bordo di un’auto noleggiata all’aeroporto di Tel Aviv, quindi con targa israeliana. Giunti al varco esibimmo i nostri passaporti.

«Dove avete intenzione di andare?», chiese il soldato israeliano di chiara origine russa (la domanda la fece in russo).

«Stiamo tornando a Gerusalemme, dove si trova il nostro albergo».

«E siete in due in auto?».

«È così. Lo può constatare anche lei».

«La legge dice che da questo varco si può passare in auto solo con una persona a bordo».

Mi guardai intorno e vidi nei due varchi alla mia sinistra e in quello alla mia destra automobili con a bordo più di una persona (in una ce n’erano cinque), tutti mezzi che nel giro di pochi secondi erano passati con tutti i passeggeri a bordo al di là del Muro.

«Mi scusi. Ma di quale legge sta parlando? Lo vede che le auto con più persone a bordo passano regolarmente?».

«Osa mettere in dubbio la mia autorità?».

Una frase del genere da quelle parti avrebbe potuto significare guai, anche seri. E quindi:

«Assolutamente no. Secondo lei come potrebbe passare il mio amico e collega attraverso i varchi? Lo potrebbe fare a piedi?».

«Certo. A piedi. Però, non da questo varco. Ce n’è uno a dieci chilometri, in quella direzione. Lui potrà passare da lì».

«Mi scusi, ma dovrebbe farsi dieci chilometri a piedi mentre io passo in auto qua?».

«Esatto. Lo andrà ad aspettare all’altro varco».

Ovviamente, feci retromarcia e mi diressi con l’auto (e il mio amico) al varco indicatomi dal militare. Varco da cui passammo entrambi senza problemi. Perché a quei militari la fantomatica legge di una sola persona a bordo non era (ovviamente) mai pervenuta.

Immaginate che cosa vuol dire per un palestinese che lavora dall’altra parte del Muro attraversare tutti i giorni (o anche una sola volta al mese per motivi suoi) quei varchi.

«Il palestinesi al di là del Muro sono segregati, né più né meno come lo erano i neri in Sudafrica», mi disse una volta Azmi Bishara, fondatore del partito Balad (una formazione politica presente nel parla- mento israeliano e composta sia da israeliani che da palestinesi).

Tratto dal libro Guerra alla Pace, di Franco Fracassi.

Per acquistare il libro, scrivi all’indirizzo email: francofracassi1@gmail.com