NATO, bugie e accordi violati: ecco la prova

NATO

La prova è lì, in un palazzo di vetro e cemento che circonda un laghetto artificiale nella periferia sud-ovest di Londra. Nei sotterranei dell’Archivio nazionale britannico si trova un memorandum firmato dai ministri degli Esteri di Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti.

«Bonn, 6 marzo 1991». Alla riga sette: «La Nato non si espanderà oltre il fiume Elba». Di seguito tante altre parole. Ma sono quelle nove a fare la differenza.

Come ha rivelato il prestigioso settimanale tedesco “Der Spiegel”, e anche l’ex presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, questo documento fu mostrato ai sovietici e fu data la garanzia che sarebbe stato rispettato. Lo ha confermato anche l’allora segretario di Stato Usa, James Baker.

Quel giorno del 1991 i quattro Paesi discussero anche delle richieste avanzate da alcuni Paesi dell’Est di entrare nella Nato (Polonia in testa). La risposta fu sintetica e perentoria: «Sono richieste inaccettabili».

Il rappresentante statunitense, Raymond Seitz, dichiarò proprio a “Der Spiegel” qualche giorno dopo l’incontro di Bonn:

«Abbiamo promesso ufficialmente all’Unione Sovietica che non intendiamo sfruttare sul piano strategico il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro-orientale e che la Nato non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania, né formalmente né informalmente».

L’allora ambasciatore Usa a Mosca, Jack Malok, arrivò a sottolineare pubblicamente che gli Stati Uniti avevano fornito «garanzie categoriche» all’Unione Sovietica sulla non espansione a Est della Nato.

Dopo aver demolito la Serbia nella primavera del 1999, nel corso di un vertice a Washington la Nato annunciò di voler «condurre operazioni di risposta alle crisi, non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza», iniziando la sua espansione ad Est.

Inglobò i primi tre paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Quindi, nel 2004, si estese ad altri sette: Estonia, Lettonia, Lituania (già parte dell’Urss); Bulgaria, Romania, Slovacchia (già parte del Patto di Varsavia); Slovenia (già parte della Federazione Jugoslava).

Nel 2009, la Nato inglobò l’Albania (un tempo membro del Patto di Varsavia) e la Croazia (già parte della Federazione Jugoslava); nel 2017, il Montenegro (già parte della Jugoslavia); nel 2020 la Macedonia del Nord (già parte della Jugoslavia).

In vent’anni, la Nato si estese da sedici a trenta Paesi. Portando così a compimento un’operazione di accerchiamento della Russia.

Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato:

«Se l’obiettivo del Cremlino è quello di avere meno Nato ai confini della Russia, otterrà solo più Nato».

In barba a quegli accordi, a quella promessa, dal 1991 gli Stati Uniti avrebbero trasferito in Ucraina armi di distruzione di massa, le attività dell’esercito ucraino avrebbero iniziato a essere guidate da consulenti stranieri con la scusa dei giochi di guerra, i contingenti militari Nato sarebbero stati schierati in Ucraina.

L’esercito ucraino, nei fatti, si sarebbe integrato nell’Alleanza atlantica, anche se mai ufficialmente.

A dicembre 2021 Putin chiese alla Nato garanzie che Kiev non sarebbe mai stata accettata, ma la risposta di Stoltenberg, fu chiara:

«Restiamo fedeli all’impegno preso nel 2008. Ucraina e Georgia ne faranno parte».

Tratto dal libro Ucraina, dal Donbass a Maidan, di Franco Fracassi.

Per l’acquisto del libro scrivere all’indirizzo email: francofracassi1@gmail.com